Nei giorni scorsi è stato pubblicato un interessante articolo su OMAR- Osservatorio Malattie Rate, incentrato sull’incidenza dell’Arresto Cardiaco Improvviso (ACI oppure MCI – Morte Cardiaca Improvvisa).
Con la diffusione dei media e la presenza sempre maggiore a eventi sportivi, anche minori, ma anche per una capillare distribuzione dei telefoni cellulari, molto spesso connessi a profili social, gli eventi di malori sul campo da gioco durante una partita o gara, porta sempre più frequentemente a riprendere e diffondere questi eventi, consentendo a un largo pubblico di venirne a conoscenza.
Molti si chiedono se sia o meno lo sport a innescare negli atleti aritmie pericolose.
Questo nonostante gli atleti siano soggetti a controlli medici accurati, soprattutto in ambito agonistico.
Il racconto degli atleti sopravvissuti a arresto cardiaco sono state raccolte su Controtempo, un podcast disponibile su molte piattaforme.
Lo sport può innescare le aritmie pericolose negli atleti?
“L’arresto cardiaco improvviso negli atleti è uno dei più grandi enigmi della medicina, perché ancora oggi è difficile da prevedere – commenta Cinzia Pozzi, giornalista scientifica e autrice del podcast, che prosegue – Questo, però, non significa che non si continui a fare dei passi avanti per tentare di ridurne l’incidenza nella popolazione, sia in termini di ricerca scientifica che dalla società.”
Richiamando i primi casi che fecero clamore sulla stampa italiana, quelli del pallavolista Vigor Bovolenta e del calciatore Piermario Morosini, entrambi scomparsi per AC nella primavera del 2012, sotto gli sguardi del pubblico prsente e dei telespettatori collegati.
Il podcast ripercorre gli avvenimenti fondamentali rivolti al contrasto alla morte per arresto cardiaco negli ultimi 10 anni, dalla scoperta che cicatrici sul tessuto cardiaco possono alterare la conduzione elettrica nel cuore, al riconoscimento dell’importanza dell’ECG nella visita medico-sportiva per individuare precocemente gli atleti più a rischio di aritmie pericolose e potenzialmente mortali.
Si conta meno di un caso ogni 100.000/anno, ma nonostante sia un evento poco frequente, l’arresto cardiaco colpisce maggiormente chi fa sport ad alti livelli rispetto a chi è più sedentario.
L’esercizio fisico, infatti, agisce da “trigger”, ovvero da attivatore di un disturbo cardiaco sottostante che potrebbe altrimenti rimanere silenzioso oppure manifestarsi con sintomi più lievi, come nel caso di Caterina, ex-nuotatrice e protagonista del terzo episodio del podcast insieme a suo babbo Alberto.
Caterina e Alberto sono entrambi affetti da cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, la patologia più frequentemente diagnosticata nei giovani atleti, solo la ragazza ha finora manifestato delle artimie ventricolari, quelle più temute e che hanno reso necessario l’impianto di un defibrillatore cardiaco, proprio perché è l’unica in famiglia ad aver praticato sport a livello agonistico.
Se una malattia coronarica è la principale causa di arresto cardiaco negli over 35, nei più giovani le aritmie pericolose sono innescate per lo più dalle canalopatie cardiache, malattie rare e congenite come la sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo, la sindrome del QT corto e la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica (CPVT).
“Si tende spesso a considerare un arresto cardiaco come una tragedia isolata, scampata la quale la vita torna quella di prima, e in parte può essere così – illustra Cinzia Pozzi, affetta da CPVT – Però, la vita dopo un evento del genere o, più in generale, delle persone diagnosticate ad alto rischio di aritmie pericolose, è anche accompagnata da molta incertezza per il futuro. È il riflesso di conoscenze mediche in continua evoluzione ma che oggi non riescono, ad esempio, a predire con esattezza se e quando un nuovo episodio possa capitare, oppure a spiegare ogni caso con la genetica, dal momento che solo pochi geni difettosi sono stati finora individuati. Attraverso queste storie, ho voluto offrire uno sguardo diverso sul tema, che vada oltre il singolo caso di cronaca per ricordarci che, dietro a uno sportivo che cade sul campo da gioco o in una gara, ci sono intere famiglie per cui l’arresto cardiaco rappresenta un momento spartiacque.”
Tra i temi affrontati nel podcast, vi è anche quello dell’importanza delle manovre di Primo Soccorso RCP e BLSD, della defibrillazione precoce (ovvero immediata, poco dopo il verificarsi dell’evento), e di come stia evolvendo lo scenario normativo in Italia.
La norme di riferimento infatti, sono la (recente) legge 4 agosto 2021, n. 116 “Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici. (21G00126)”, che prevede e supporta un piano per la diffusione capillare di DAE (automatici e semiautomatici) nei luoghi pubblici, mezzi di trasporto e stazioni ed in tutta la pubblica amministrazione e la Legge 8 novembre 2012, n. 189 e successive modifiche (impostata sulla base dal Decreto Balduzzi), che definisce l’obbligo di dotazione, manutenzione e impiego del defibrillatore per le società sportive.
Puoi ascolare il podcast a questo indirizzo: https://open.spotify.com/show/1p2dmGdm8F6PcFoxwpbffb?si=e344b56717ab4c83&nd=1