Dal congresso dell’European Society of Cardiology è arrivato un appello: cambiare la legge che richiede un certificato di abilitazione per poter utilizzare i defibrillatori semiautomatici esterni. Si tratterebbe, infatti, di un requisito controproducente che limita la quantità di pazienti che potrebbero essere salvati.
Come abbiamo ripetuto più volte, in caso di arresto cardiaco è fondamentale intervenire in tempi rapidi. Per questo motivo, i defibrillatori semiautomatici esterni, i cosiddetti DAE, si stanno diffondendo in maniera capillare su tutto il territorio italiano, sia nei luoghi pubblici che in quelli privati.
I DAE sono gli unici strumenti efficaci in caso di fibrillazione ventricolare, l’aritmia che nella maggior parte dei casi causa un arresto cardio-circolatorio. Soltanto mediante l’erogazione di uno shock elettrico al cuore, difatti, è possibile ripristinare nel paziente una frequenza cardiaca nella norma.
Ma a poter utilizzare i DAE, però, secondo il Decreto Balduzzi, sono solamente quelle persone che sono in possesso di uno specifico certificato che ne attesti l’abilitazione all’uso, ossia coloro che hanno seguito un corso di formazione BLS-D.
Questa legge però, secondo il parere di molti esperti, sarebbe alquanto limitante: la possibilità di utilizzare i DAE, dunque, dovrebbe essere estesa a tutti i cittadini.
Stando ad uno studio del Policlinico San Matteo di Pavia, difatti, presentato durante il congresso Acute Cardiovascular Care 2018 dell’European Society of Cardiology, oggi questi dispositivi vengono utilizzati ancora troppo poco, e permetterne l’utilizzo anche in mancanza di un training specifico aumenterebbe esponenzialmente il numero di pazienti che si potrebbero salvare.
I defibrillatori DAE, d’altronde, sono dispositivi estremamente semplici da utilizzare. Generalmente, infatti, sono provvisti di soli due tasti: uno per accendere il dispositivo e l’altro per erogare la scarica elettrica che deve far ripartire il cuore del paziente.
“Inoltre, guidano l’operatore con delle chiare e semplici istruzioni vocali e decidono da soli se la scarica elettrica è utile o meno, permettendo di erogarla solamente se necessaria” – ha spiegato l’autore dello studio Enrico Baldi, medico specializzando in Cardiologia presso l’Università di Pavia e il Policlinico San Matteo di Pavia.
“Non è possibile in alcun modo forzare l’apparecchio e sbagliare la manovra, e quindi chi lo utilizza è esonerato da qualsiasi possibile responsabilità medica” – ha poi precisato.
Entrando nel dettaglio, il team di Baldi ha esaminato tutti gli arresti cardiaci della provincia di Pavia avvenuti tra l’ottobre 2014 e marzo 2017. Dai risultati dell’analisi è emerso per prima cosa che nei pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco in presenza di astanti il DAE è stato utilizzato solo nel 6,4% dei casi.
“Si tratta di un tasso estremamente basso di utilizzo dei defibrillatori” – ha precisato Baldi. “Negli Stati, dove tutti i cittadini possono utilizzare i DAE senza problemi, il tasso di utilizzo dei defibrillatori prima dell’arrivo dell’ambulanza è intorno al 15-20%”.
Inoltre, il tasso di sopravvivenza dei pazienti assistiti con un defibrillatore prima dell’arrivo dell’ambulanza è risultato significativamente più alto (60%) rispetto a quello dei malati soccorsi unicamente all’arrivo del personale sanitario (24%).
“Prima si utilizza il defibrillatore, più possibilità si hanno di salvare la persona colpita da arresto cardiaco” – riassunto Baldi. “In caso di arresto cardiaco, per ogni minuto che passa si perde il 10% di possibilità di salvare la persona, e se pensiamo che il tempo medio di arrivo dell’ambulanza, in tutta l’Europa, è di almeno 10 minuti, si capisce immediatamente come spesso i soccorsi arrivino troppo tardi”.
“La nostra legge andrebbe modificata per consentire a tutti i cittadini italiani di utilizzare un DAE indipendentemente dal fatto che siano stati formati o meno al loro utilizzo”.
A dirlo non è solamente il risultato del nuovo studio: difatti, nell’ultima edizione delle linee guida europee sulla Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP), promulgate dall’European Resuscitation Council nel 2015, è scritto chiaramente che l’utilizzo dei DAE da parte di persone non formate è sicuro ed efficace e deve essere incoraggiato.
“Ci si dovrebbe adeguare a molti stati europei, come Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna, dove la legge prevede che chiunque possa utilizzare un defibrillatore semiautomatico esterno” – ha infine dichiarato.
Oltre ad una legge troppo restrittiva, “dobbiamo incentivare l’utilizzo di sistemi, come le app, che in caso di arresto cardiaco aiutano a chiamare più rapidamente il soccorso di cittadini, vigili del fuoco e polizia” – ha concluso Baldi.
“Ad esempio, nel Canton Ticino, la Fondazione TicinoCuore ha sviluppato da anni un invidiabile sistema di allerta dei laici e delle forze di polizia, prima con un sms e da 3-4 anni con un’apposita applicazione per smartphone e tablet. Il sistema di funzionamento è molto semplice: non appena la centrale operativa di emergenza sanitaria riceve una chiamata per un arresto cardiaco viene attivata, con un semplice tasto, la rete dei “First Responders”, ossia dei cittadini comuni e dei poliziotti, formati mediante un breve corso sulle manovre salvavita, che hanno dato la loro disponibilità ad intervenire. Costoro ricevono l’alert sul proprio smartphone e, nel caso siano disponibili, intervengono tempestivamente. In quel momento, se si trovano in una posizione più competitiva rispetto a quella dell’ambulanza più vicina, vengono guidati dall’app stessa sul luogo dell’evento. Il risultato? Nel 97% dei casi qualcuno ha accettato di intervenire, e il tempo medio di soccorso è risultato di soli 4 minuti. Sicuramente questi sistemi sono facilmente esportabili anche in Italia: si tratta, infatti, di un applicativo informatico dal costo di poche migliaia di euro. Nulla in confronto al valore di una vita salvata dall’arresto cardiaco”.