«Morte cardiaca improvvisa» ovviamente non si aspetta, arriva come un fulmine a ciel sereno, all’improvviso: il cuore va in fibrillazione, smette di battere e, se non c’è un defibrillatore a portata di mano per farlo ripartire, è molto probabile non sopravvivere.
Tutto questo si può prevedere?
Secondo una ricerca presentata alll’ultimo congresso dell’American Heart Association: molti casi di arresto cardiaco improvviso sarebbero preceduti, nelle ore e addirittura nelle settimane precedenti, da segni e sintomi che potrebbero salvare la vita se li sapessimo riconoscere e ascoltare secondo una ricerca, l’Oregon Sudden Unespected Death Study, che dal 2002 al 2012 ha valutato informazioni ottenute da oltre un milione di abitanti dell’area di Portland, negli Stati Uniti. Nell’ambito dell’indagine sono stati estratti i dati di tutti gli uomini fra i 35 e i 65 anni che negli ultimi undici anni, hanno avuto arresti cardiaci al di fuori dell’ospedale. In questa situazione, meno dei 10 per cento delle vittime sopravvive visto che quando arrivano i soccorritori nella maggioranza dei casi non c’è più niente da fare.
I casi di arresto cardiaco registrati in questo lasso di tempo sono stati poco meno di 600. In questa ricerca, sono stati valutati eventuali segni e sintomi premonitori manifestati nelle settimane precedenti: il 53 per cento delle vittime ha avuto qualche campanello d’allarme prima dell’arresto cardiaco, nell’80 per cento dei casi da un’ora fino a quattro settimane prima dell’evento.
Nel 56 per cento dei pazienti si era manifestato un dolore al petto, il 13 per cento aveva sofferto di affanno e fiato corto, il 4 per cento aveva avuto palpitazioni, capogiri o era svenuto. La maggior parte delle vittime di morte cardiaca improvvisa aveva una coronaropatia, ma solo la metà di loro era stata sottoposta ad accertamenti per questo problema prima dell’arresto cardiaco.
Le conclusioni dei ricercatori, ma anche la nostra, leggendo i dati e che questi sintomi, non devono essere trascurati: occorre parlarne al proprio medico senza perdere tempo, perché potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte. Agire in tempo infatti, può consentire di iniziare terapie farmacologiche o programmare interventi che riescono a scongiurare l’arresto cardiaco.
Questo vale anche per chi è più giovane. Rispetto ai pazienti studiati dagli statunitensi: purtroppo infatti la morte cardiaca improvvisa riguarda anche ragazzi che vengono stroncati da un attacco di cuore mentre praticano sport.
In Italia sono stati avviati numerosi progetti a tutela delle giovani vite. A Pavia è partita da poco una campagna, il «Progetto Giovani Pavia ‘93». In questo progetto, tutti i ventenni della città saranno sottoposti gratuitamente a uno screening per individuare alterazioni che espongono al rischio di morte improvvisa. «Le malattie che aumentano la probabilità di questo evento sono numerose, ma oggi abbiamo a disposizione un microchip genetico che può rivelarle con una rapidità e una precisione finora impensabili – spiega Italo Richichi, coordinatore del progetto -. La nuova indagine genetica infatti ha una sensibilità diagnostica dell’80 per cento contro il 50-60 per cento dei test precedenti. Inoltre fornisce i risultati in un mese contro i 4-5 mesi necessari con gli esami disponibili a oggi. Possiamo perciò sapere velocemente e con una buona certezza se un soggetto è predisposto a patologie che espongono al rischio di morte improvvisa come le cardiomiopatie ipertrofiche, la trombofilia, le sindromi del QT lungo e corto, di Marfan, di Brugada, di Nooman e di Leopard».
Il nuovo microchip genetico è sviluppato dall’Advanced Genetics Italia, collegata alla casa madre portoghese HeartGenetics, la cui tecnologia è fondata sul sistema MassARRAY.
Il sistema MassARRAY consiste in una piattaforma basata sul DNA Microchip ottimizzato per l’analisi genetica e in grado di offrire risultati altamente precisi e specifici grazie alla spettrometria di massa MALDI-TOF.
I medici sperano di poter estendere lo screening anche ad altre città.
Alla luce di queste ricerche, sembra che la morte cardiaca improvvisa è meno “fulminea” di quanto si pensasse in passato ed esiste un margine per prevenirla e difendersi.
Voi che ne dite?
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