NAPOLI – L’arresto cardiaco ha fatto un’altra giovane vittima. A soli 44 anni, originario di Casoria, sposato e con due figli, un agente della Polizia postale è stato colto da un malore all’interno dell’ufficio in cui stava lavorando. È successo a Napoli, lo scorso 4 aprile.
Secondo quanto riferito dal quotidiano Il Mattino, il poliziotto si è accasciato improvvisamente a terra alle 18:30 circa. I colleghi hanno subito allertato il 118, ma i tentativi di rianimarlo da parte dei sanitari sono stati del tutto vani: al loro arrivo l’uomo era già morto.
Il medico legale ha accertato che la morte è avvenuta per cause naturali: molto probabilmente un arresto cardiocircolatorio.
Solo il giorno prima le forze dell’ordine di Napoli avevano perso un altro collega, stavolta a causa del coronavirus. Giuseppe Esposito, luogotenente della polizia municipale di Napoli, è morto a 65 anni dopo aver contratto il covid-19 in un ospedale di Bergamo, dove si era recato a febbraio per svolgere un intervento al ginocchio e la successiva riabilitazione.
A dare la notizia della morte di Esposito era stato lo stesso sindaco della città partenopea, Luigi De Magistris, che ha espresso vicinanza alle famiglie di entrambe le vittime.
Non vorremmo ripetere sempre le stesse cose, ma ne siamo costretti. L’arresto cardiaco può colpire chiunque e in qualunque momento, persone anziane ma anche giovani e bambini. Per questo motivo riteniamo che i defibrillatori DAE (automatici o semiautomatici esterni) dovrebbero essere diffusi in maniera capillare in tutto il territorio nazionale: negli uffici pubblici e privati, nelle scuole, nelle università, sui mezzi di trasporto, nei condomini, nelle strade e nelle piazze. Ovunque, appunto.
E non dovremmo aspettare che una legge ce lo imponga, perché l’arresto cardiaco, nel frattempo, non aspetta: continua a mietere vittime.
Se nell’ufficio del poliziotto ci fosse stato a disposizione un defibrillatore pronto all’uso, magari, oggi, non saremmo qui a parlare dell’ennesima tragedia.
In caso di arresto cardiaco, infatti, è fondamentale intervenire con le manovre RCP e la defibrillazione precoce entro 2-3 minuti dall’evento. Perché dopo soli 5 minuti da un arresto cardiocircolatorio le possibilità di salvare la vittima sono pari al 50% circa, e dopo soli 10 minuti la probabilità di sopravvivenza è pressoché nulla. Attraverso la defibrillazione precoce, invece, il tasso di sopravvivenza può raggiungere anche l’85%.
Cosa aspettiamo, allora, a cardioproteggere i luoghi in cui viviamo, in cui lavoriamo e in cui trascorriamo buona parte del nostro tempo?
Fonte: https://www.ilmattino.it/