Un’indagine – “Long term exposure to ambient air pollution and incidence of acute coronary events: prospective cohort study and meta-analysis in 11 European cohorts from the Escape Project”, pubblicata sul British medical journal – coordinata dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio ha evidenziato come ogni aumento nella media annuale di esposizione al Pm10, il particolato sprigionato da smog e traffico, corrisponde un incremento del rischio di attacchi cardiaci del 12 per cento. Questa ricerca ha esaminato per 12 anni più di 100 mila persone in sette città di cinque Paesi europei (in Italia Roma e Torino), verificando che l’esposizione cronica al particolato atmosferico non solo è correlabile all’incidenza di eventi coronarici acuti, ma lo è anche a livelli inferiori sia rispetto ai limiti fissati dall’Unione europea.
Francesco Forastiere, del Dipartimento di Epidemiologia del Ssr del Lazio sottolinea come gli effetti sanitari del Pm2,5 si verificano anche a concentrazioni inferiori sia di quelle accettate dalla normativa europea sia di quelle indicate nelle linee guida pubblicate nel 2005 dall’Organizzazione mondiale della sanità».
A rischio sarebbero le persone sopra i 60 anni, e soprattutto dopo i 70 anni. I meccanismi attraverso cui l’esposizione all’inquinamento dell’aria influisce sul sistema cardiovascolare sono vari, e comprendono l’infiammazione sistemica, lo stress sistemico ossidativo, trombosi e coagulazione, cambiamenti nella pressione sanguigna e aterosclerosi.