Arresto Cardiaco (AC) e Morte Cardiaca Improvvisa (MCI)
Anche se molto spesso vengono impiegati come sinonimi, la Morte Cardiaca Improvvisa (MCI) e l’Arresto Cardiaco (AC) non sono la stessa cosa. Per morte cardiaca improvvisa, infatti, si intende la morte naturale inaspettata causata da un evento cardiaco entro un’ora dall’inizio dei sintomi acuti. Essa può colpire soggetti con o senza preesistenti patologie cardiache. L’arresto cardiaco, invece, può essere un evento prevedibile e soprattutto reversibile.
Se non si interviene tempestivamente attraverso adeguate manovre di soccorso e mediante l’utilizzo di strumenti opportuni, un arresto cardiaco può portare alla morte cardiaca improvvisa.
Arresto cardiaco: modalità con cui si origina
Il ritmo più frequente riscontrato in caso di arresto cardiaco è la Fibrillazione Ventricolare (FV), spesso preceduta da Tachicardia Ventricolare (TV).
La fibrillazione ventricolare non è nient’altro che un’aritmia cardiaca caotica e rapidissima che causa la cessazione completa della gittata cardiaca. Ciò è dovuto alla contrazione scoordinata dei ventricoli del cuore.
La tachicardia ventricolare, invece, è un’aritmia ipercinetica caratterizzata da una frequenza ventricolare maggiore di 100 battiti per minuto.
Come dicevamo, nell’80% dei casi un arresto cardiaco viene causato da fibrillazione ventricolare, mentre nel restante 20% dei casi la causa dell’arresto cardiaco è la Bradiaritmia (battito cardiaco al di sotto dei 60 per minuto).
In caso di fibrillazione ventricolare, l’altezza delle onde elettriche, misurate attraverso un elettrocardiogramma, si abbassa in maniera progressiva entro pochi minuti, fino a giungere alla cessazione totale della circolazione sanguigna (asistolia). È stato calcolato che lo stato di asistolia viene raggiunto mediamente in 10-12 minuti dall’esordio dell’Arresto Cardio-Circolatorio (ACC).
È ovvio, quindi, come il tempo di intervento incida significativamente sul buon esito della vicenda: maggiore sarà l’intervallo di tempo che trascorrerà tra l’arresto Cardiaco e il primo soccorso, minori saranno, per il pazienze, le speranze di poter sopravvivere, scongiurando la morte cardiaca improvvisa (MCI).
Come riconoscere un arresto cardiaco e come trattarlo
Una persona colpita da arresto cardiaco si troverà in stato di incoscienza, mostrando apnea (assenza di respirazione) o gasping (boccheggiamento caratterizzato da una riduzione estrema della frequenza degli atti respiratori fino al loro totale arresto) e assenza di polso.
In caso di arresto cardiaco, l’obiettivo principale del soccorritore dovrà essere quello di collegare quanto prima un defibrillatore automatico esterno (o un defibrillatore semiautomatico esterno) al paziente. In attesa del defibrillatore, inoltre, dovranno essere iniziate opportune manovre di Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP) per tenere ossigenati il più possibile il cervello e gli altri organi vitali del paziente.
Difatti, per scongiurare la morte cardiaca improvvisa, è fondamentale attivare quanto prima la cosiddetta “Catena della Sopravvivenza”, il cui obiettivo è, per l’appunto, garantire tempestivamente un primo soccorso efficace, in attesa dell’intervento del personale sanitario del 118.
Elenchiamo di seguito le azioni sequenziali da mettere in pratica a seguito di un arresto cardiaco:
- Allertare i soccorsi: in caso di arresto cardiocircolatorio, allertare il servizio d’emergenza è la prima cosa di cui occuparsi. In questo modo, un operatore del 118 potrà inviare sul posto le risorse idonee e necessarie a soccorrere adeguatamente il paziente in oggetto.
- RCP precoce: la rianimazione cardiopolmonare è la procedura mediante la quale le funzioni di base della circolazione sanguigna e dell’ossigenazione possono essere mantenute (per breve tempo) in modo da supportare il muscolo cardiaco e il Sistema Nervoso Centrale in attesa di un trattamento definitivo che ristabilisca nel paziente un battito cardiaco normale.
- Defibrillazione precoce: le aritmie ventricolari “maligne”, responsabili dell’80-90% dei casi di arresto cardiaco, possono essere convertite in un ritmo cardiaco corretto solo mediante uno shock elettrico al cuore erogato da un defibrillatore. È di vitale importanza, quindi, avere a portata di mano un Defibrillatore Automatico (o semiautomatico) Esterno (DAE) con cui poter soccorrere tempestivamente il paziente.
- Istituzione precoce di cure avanzate: a seguito di un arresto cardiocircolatorio, la rapida ripresa di un ritmo cardiaco spontaneo rimane l’obiettivo primario per evitare al paziente il sopraggiungere della morte cardiaca improvvisa . Così, se la defibrillazione precoce rappresenta il momento chiave per il recupero del ritmo cardiaco, altrettanto importanti sono gli altri interventi di ACLS (Advanced Cardiovascular Life Support, supporto avanzato di rianimazione cardiovascolare) che permettono di trattare le cause alla base dell’arresto cardiaco e a prevenirne la ricomparsa. Anche in questo caso, quanto più tempestiva sarà l’intervento, tanto più elevate saranno le probabilità di sopravvivenza per il paziente.
Elencati i quattro “anelli” fondamentali della “Catena della Sopravvivenza”, occorre sottolineare come negli ultimi tempi la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione precoce vengano considerate azioni da svolgere simultaneamente o, meglio, non necessariamente in sequenza: un unico anello della catena, insomma.
Diffusione dei defibrillatori semiautomatici esterni
Fortunatamente, i defibrillatori semiautomatici esterni (DAE) si stanno diffondendo sempre di più all’interno dell’intero territorio nazionale, anche se, in tal senso, la strada da percorrere è ancora molto lunga.
Fra l’altro, questi dispositivi salvavita, dall’utilizzo semplice ed intuitivo, dovranno essere acquistati da tutte le società sportive dilettantistiche entro il 20 luglio 2016. Ad imporlo è una legge, il Decreto Balduzzi, firmato nel 2013 dall’allora Ministro della Salute Renato Balduzzi. Per le società sportive professionistiche l’obbligo è già scattato, mentre per le associazioni sportive dilettantistiche il termine ultimo per dotarsi di un DAE è stato fissato, appunto, a luglio di quest’anno.
Anche in conseguenza di ciò, sempre più spesso veniamo a conoscenza di persone, giovani e meno giovani, sopravvissuti ad un arresto cardiaco grazie all’utilizzo di un defibrillatore semiautomatico esterno.
Il 22 febbraio di quest’anno, ad esempio, un uomo di 61 anni si è accasciato al suolo durante la Mezza maratona di Scandicci, provincia di Firenze. Un volontario della Croce Rossa, provvisto di defibrillatore portatile semiautomatico esterno, l’ha prontamente soccorso salvandogli la vita.
Il 28 febbraio 2016, invece, un turista ceco di 56 anni è stato salvato da un defibrillatore nei pressi della seggiovia “Arabba fly”, in provincia di Belluno. L’uomo, colpito da arresto cardiocircolatorio, è stato prontamente defibrillato e trasportato nel vicino ospedale di Agordo.
A Viterbo, il primo marzo 2016, un ragazzo di 25 anni è stato salvato da un defibrillatore nei pressi di una fermata dell’autobus.
A Livorno, il 14 marzo, si è accasciato al suolo sul luogo di lavoro un uomo di 38 anni colpito da arresto cardiaco. Fortunatamente, la Pierburg Pump, azienda per ricambi auto, è dotata di un defibrillatore semiautomatico esterno che ha permesso di salvare la vita all’uomo.
Il 15 marzo 2016, invece, un atleta 45-enne, al termine della mezza maratona Roma – Ostia, è stato colto da arresto Cardiaco. Fortunatamente, erano presenti in loco alcuni volontari della Croce Rossa che gli hanno salvato la vita mediante l’utilizzo di un defibrillatore DAE.
Ma purtroppo, a causa della mancata presenza di un DAE, non ce l’hanno fatta molte altre persone. È il caso di una studentessa tredicenne di Pavullo nel Frignano, provincia di Modena, che è crollata a terra durante una lezione di inglese; Giorgia, che non era stata prontamente defibrillata, è morta alcune ore dopo presso l’Ospedale Maggiore di Bologna.
Ricordiamo anche il caso, più famoso, di Vigor Bovolenta, il pallavolista veneto scomparso il 24 marzo 2011 durante una partita di B2 fra il Volley Forlì, la squadra in cui giocava, e la Lube. Oppure il caso di Piermario Morosini, centrocampista del Livorno, morto a Pescara, all’età di 26 anni, durante la partita. Su Piermario, colpito da arresto cardiaco, non venne utilizzato nemmeno uno dei due defibrillatori presenti all’interno del campo da calcio. In conseguenza di ciò, i medici Ernesto Sabatini, Manlio Porcellini e Vito Molfese sono stati indagati proprio per non aver utilizzato il defibrillatore durante l’intervento di soccorso del calciatore.
L’augurio è quello che sempre meno persone possano perdere la vita a causa di un arresto cardiaco: con la diffusione capillare di questi dispositivi salvavita su tutto il territorio nazionale si potrebbero salvare migliaia di vite ogni anno!