La signora Gianna Tardozzi, 75 anni, non si è accorta di nulla. Il suo cuore ha smesso di battere a causa di un arresto cardiaco, ma una ragazza che le cenava accanto le ha salvato la vita.
È successo sabato 4 novembre presso il ristorante Il Pescatore di Anzola dell’Emilia. Con un defibrillatore a disposizione e l’aiuto degli operatori del 118 via telefono, una cliente di 28 anni, che fa la bagnina, è stata la sua salvatrice.
“Avevo appena finito di mangiare il risotto, mi sono svegliata in ospedale” – ha dichiarato la signora Gianna dal letto dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Ma sa bene che nel brutto tiro che la sorte le ha giocato è stata anche molto fortunata.
In attesa dell’arrivo dell’ambulanza, infatti, giunta sul posto dopo “soli” 9 minuti, la 28enne prima le ha praticato il massaggio cardiaco e poi le ha erogato due scariche elettriche al cuore che l’hanno rianimata. Il tutto accadeva mentre a un altro capo del telefono un operatore del 118 la istruiva sui passaggi da compiere.
“Quando è arrivata l’ambulanza la signora aveva già ripreso a respirare” – ha raccontato Giorgio Tattini, titolare del ristorante.
E così la signora Gianna Tardozzi, che ora è ricoverata in Cardiologia al Maggiore in buone condizioni, è la sesta paziente dall’inizio dell’anno arrivata in Unità coronarica dopo essere stata rianimata da personale non sanitario.
Per Giovanni Gordini, direttore del Dipartimento di Emergenza dell’Ausl, l’episodio “conferma che la tempestività negli interventi per arresto cardiaco, quando può contare su una pluralità di soggetti soprattutto laici in grado di eseguire le prime manovre salvavita, incide positivamente sull’esito. A tutto ciò ha contribuito significativamente anche l’investimento ultradecennale della Ausl di Bologna per la creazione di una rete di soccorritori non sanitari formati all’utilizzo dei defibrillatori”.
“Le altre persone arrivate in reparto dopo essere state rianimate da personale non sanitario — racconta il direttore della Cardiologia Giuseppe Di Pasquale — arrivavano dalla stazione, soccorse dalla Polfer, e da impianti sportivi. È un segnale che indica che aumenta la diffusione della cultura della rianimazione cardiopolmonare — osserva il medico —. E se il massaggio cardiaco è fatto correttamente, il cuore riparte senza danni al cervello, come nel caso della signora. Se non fosse stata in un ristorante con il defibrillatore e se non ci fosse stata una persona appositamente formata, non sarebbe qui”.
Lo sa anche la signora Gianna che se l’attacco cardiaco fosse arrivato per strada o magari a casa “forse non sarei qui a raccontarlo”. E invece quello di sabato sera non è stato di certo il suo ultimo risotto.
“Ero a cena con mio marito e degli amici — racconta —, ma stavo bene. Ho avuto un infarto 16 anni fa e un’angioplastica. So che l’altra sera la ragazza che mi ha salvato la vita è stata molto brava, ha provato diverse volte a rianimarmi. Mio figlio l’ha contattata per ringraziarla, appena esco ci incontreremo e andrò a trovare anche il titolare del ristorante: ho saputo che anche lui è stato molto bravo. Se non ci fosse stato il defibrillatore non sarei viva, i medici me l’hanno detto”.
Il Pescatore è un ristorante immerso tra alcuni laghetti attrezzati per la pesca sportiva e il canoa polo, per questo è dotato di defibrillatore semiautomatico esterno (DAE) e di due operatori che hanno seguito il corso di primo soccorso BLS-D (Basic Life Support and Defibrillation).
La signora Gianna è rimasta ricoverata per tre giorni nell’Unità coronarica, da ieri è in reparto. Entro il fine settimana, molto probabilmente, potrà tornare a casa.
Arianna Monari, a ragazza che le ha salvato la vita, ha dichiarato: “Andrò al Maggiore a trovare a signora nella mattinata di domani”.
Poi ha aggiunto: “Sono laureata in scienze motorie e ho il brevetto di salvataggio perché d’estate faccio la bagnina in piscina. Ho seguito corsi BLS-D per l’utilizzo del defibrillatore. L’ultimo aggiornamento l’ho effettuato la settimana scorsa tramite la palestra per cui lavoro, e quindi ero tranquilla: sapevo quello che stavo facendo, anche se era la prima volta che intervenivo su un arresto cardiaco. Quando ho chiesto il defibrillatore, il mio ragazzo l’ha aperto: anche lui ha un brevetto di salvataggio. Il defibrillatore era semi-automatico e ha consigliato l’erogazione di due scariche elettriche. Poi, mentre facevo ancora il massaggio cardiaco è arrivata l’ambulanza”.
Infine, Arianna ha lanciato un auspicio: “Consiglio a tutti di frequentare un corso BLS-D per poter essere pronti quando accadono queste situazioni: potrebbe succedere anche a qualcuno a cui si vuole bene ed è bellissimo essere d’aiuto e sapere di aver contribuito a salvare una vita”.
Noi ci auguriamo, inoltre, che i defibrillatori si diffondano a macchia d’olio in tutto il territorio nazionale, in modo da averne sempre uno a portata di mano in caso di necessità. Intervenire tempestivamente, infatti, è fondamentale per la buona riuscita del soccorso: quando si viene colpiti da un arresto cardiaco le probabilità di sopravvivere calano del 10% circa per ogni minuto che passa. Va da sé, quindi, che dopo soli 5 minuti dall’evento le probabilità di vivere siano pressoché identiche a quelle di morire.
Occorre tenere presente, infine, che senza un adeguato apporto di ossigeno al cervello, anche solo per pochissimi minuti, le funzionalità cerebrali subiscono gravi alterazioni, talvolta permanenti e di notevole entità. In caso di arresto cardiaco, dunque, attendere l’arrivo del 118 non è sufficiente. In Italia il tempo medio di arrivo dei mezzi di soccorso varia dai 12 ai 15 minuti. Nel caso della signora Gianna, l’ambulanza è arrivata prima: 9 minuti. Prima del solito, ma sempre troppo tardi.