Il Preside si difende: “Il defibrillatore non è un obbligo”.
Non ce l’ha fatta Anna Modenese, la studentessa quattordicenne che mercoledì 19 febbraio è stata colta da arresto cardiaco davanti all’insegnante e ai suoi compagni di classe. Un attimo prima stava seguendo la lezione di matematica, un attimo dopo il suo corpo si è accasciato a terra, senza alcun preavviso. È così che colpisce l’arresto cardiaco: all’improvviso, colpendo chiunque e dovunque. Giovani e meno giovani, anziani e bambini.
È successo al Liceo delle Scienze umane Duca D’Aosta di Padova. Tre arresti cardiaci consecutivi non le hanno lasciato scampo, nonostante i tentativi di rianimarla da parte del personale del 118: è morta dopo nemmeno 24 ore dal ricovero nell’unità coronarica del nosocomio della città.
Era la prima ora di lezione. Il professore era entrato in classe e aveva iniziato a spiegare. Dopo neppure mezz’ora dall’inizio della lezione, il silenzio nella classe viene rotto dalle urla della compagna di banco di Anna. La ragazza era caduta a terra, priva di sensi. Pensavano tutti a uno svenimento, ma la studentessa non si riprendeva. Non parlava. Non era cosciente. Non respirava.
Attorno a lei si sono radunati tutti i compagni di classe, il professore e alcuni bidelli. Qualcuno, nella confusione, ha chiamato i soccorsi. La gravità della situazione è stata chiara fin da subito. Giunti sul posto, gli operatori del 118 iniziano le manovre di rianimazione sulla ragazza: d’un tratto il suo cuore ricomincia a battere.
Subito dopo, Anna è stata trasportata d’urgenza nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale di Padova, ma, in poco tempo, la studentessa viene colpita da un altro arresto cardiaco. Poi da un altro ancora. Dopo una notte trascorsa in ospedale, dopo aver provato a fare anche l’impossibile, è stato avviato l’iter di accertamento della morte cerebrale.
La ragazzina ha lasciato il padre Alessandro, la madre Claudia, e un fratello più piccolo. I familiari hanno acconsentito all’espianto dei suoi organi.
«Purtroppo nel 2020 non è ancora possibile prevenire un arresto cardiaco. È possibile, però, diffondere la cultura della rianimazione precoce, di cui il defibrillatore è il cardine», dice la professoressa Luisa Cacciavillani. Mentre il Preside, Alberto Danieli, si è difeso così: «Il defibrillatore non è un obbligo nelle scuole».
Vero. Il defibrillatore, purtroppo, non è ancora obbligatorio nelle scuole. In Parlamento, però, si discute da tempo di una proposta di legge in proposito che è già stata approvata da Montecitorio il 30 luglio scorso e che ora è al Senato e ha iniziato il suo iter in commissione con una serie di audizioni, l’ultima delle quali si è tenuta l’11 febbraio scorso.
Il testo, di nove articoli, ha come primo obiettivo quello di favorire la progressiva diffusione e l’uso dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni presso alcune sedi di pubbliche amministrazioni, infrastrutture e mezzi di trasporto, oltre che presso i gestori di servizi pubblici. Nel programma, inoltre, è prevista una diffusione prioritaria per quanto riguarda le scuole di ogni ordine e grado. Qui il link di approfondimento.
La domanda che sorge spontanea, però, davanti a queste tragedie, è la seguente: «Per dotarsi di un defibrillatore semiautomatico esterno è necessario che una legge ci obblighi a farlo?». Noi crediamo di no. Bastano poche centinaia di euro per salvare la vita a migliaia di persone ogni anno. Allora, cosa aspettiamo?