La PEA cardiologica, nota anche come attività elettrica senza polso (Pulseless Electrical Activity), è una condizione clinica in cui l’elettrocardiogramma (ECG) mostra un ritmo che dovrebbe produrre un polso, ma nonostante ciò non si avverte alcun polso palpabile nel paziente. Ciò indica che il cuore ha un’attività elettrica, ma questa non si traduce in un battito cardiaco efficace o in una circolazione sanguigna adeguata.
Nella PEA, il cuore può apparire come se stesse battendo in modo normale o quasi normale sull’ECG, ma questo battito non è abbastanza forte per pompare il sangue attraverso il corpo. Di conseguenza, nonostante la presenza di un ritmo cardiaco apparentemente normale, il paziente non ha un polso percepibile e può mostrare segni di shock cardiogeno, come una pressione sanguigna estremamente bassa, pallore, sudorazione fredda, e alterazione dello stato di coscienza.
Le cause della PEA possono essere molteplici, tra cui:
Il trattamento della PEA si concentra sulla ricerca e sul trattamento della causa sottostante, poiché la PEA stessa non risponde alla defibrillazione elettrica, ovvero, non è defibrillabile. In questi casi il defibrillatore indicherà con messaggi audio “shock non consigliato, precedere con RCP”.
Le manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) sono cruciali per mantenere una circolazione sanguigna minima e fornire ossigeno agli organi vitali mentre si cerca di correggere la causa alla base della PEA. Gli interventi possono includere la somministrazione di fluidi, farmaci, ossigeno supplementare, e altre terapie specifiche in base alla causa sospettata della PEA.
L’asistolia, comunemente nota come “linea piatta”, rappresenta una delle forme più gravi di arresto cardiaco. È caratterizzata dall’assenza totale di attività elettrica nel cuore, il che significa che il cuore si ferma completamente, non pompa sangue e non vi è alcun segnale elettrico rilevabile. Questa condizione è estremamente critica e richiede un intervento medico immediato.
L’asistolia può essere causata da diversi fattori, tra cui:
Nel trattare l’asistolia, il tempo è un fattore critico. I principali approcci includono:
La prognosi per i pazienti in asistolia è generalmente grave. La riuscita della rianimazione dipende fortemente da quanto rapidamente viene fornito il trattamento e dalla causa sottostante dell’arresto cardiaco. Le probabilità di sopravvivenza e di recupero senza danni neurologici gravi diminuiscono con ogni minuto che passa senza intervento;
La prevenzione dell’asistolia include la gestione delle condizioni di rischio come malattie cardiache, squilibri elettrolitici e la prevenzione di ipotermia. La diagnosi precoce e il trattamento delle condizioni che possono portare all’asistolia sono essenziali.
Una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista “Resuscitation” nel 2021, ha apportato nuove conoscenze nel campo della medicina cardiologica, focalizzandosi sull’attività elettrica senza polso (PEA) e sull’asistolia in pazienti con arresto cardiaco all’interno degli ospedali.
Lo studio ha esplorato i fattori che influenzano queste due condizioni e ha cercato di comprendere se le variazioni nei risultati clinici, a seconda del ritmo cardiaco iniziale, siano influenzate dalle specificità del paziente e dalla natura dell’arresto cardiaco.
In ambito extraospedaliero, è stato osservato che fattori quali età avanzata, genere femminile, tempi di risposta prolungati, comorbilità e uso di farmaci non cardiovascolari sono legati alla presenza di un ritmo cardiaco iniziale non defibrillabile. Simili osservazioni sono state fatte anche per pazienti con arresto cardiaco intraospedaliero, benché questa popolazione sia stata studiata meno approfonditamente.
Emergono differenze significative tra i pazienti con PEA e quelli con asistolia, nonostante entrambi i gruppi presentino ritmi non defibrillabili. In generale, la PEA tende ad avere esiti migliori rispetto all’asistolia, quest’ultima considerata spesso una fase finale durante la rianimazione cardiopolmonare.
L’indagine ha incluso 2.780 pazienti ospedalizzati per arresto cardiaco, di cui 1495 avevano un ritmo iniziale di PEA e 1.285 di asistolia. Nonostante similitudini nei dati demografici, si sono riscontrate differenze nelle caratteristiche degli arresti cardiaci tra i due gruppi.
Gli arresti cardiaci con PEA erano più frequentemente osservati e monitorati rispetto a quelli con asistolia, e i pazienti con PEA avevano maggiori probabilità di essere intubati prima dell’arresto.
L’analisi ha rivelato che fattori come età superiore ai 90 anni e genere femminile aumentano il rischio di asistolia iniziale, mentre patologie come malattie polmonari, sovrappeso, obesità e cancro gastrointestinale erano più frequentemente associate all’asistolia. Al contrario, la cardiopatia ischemica e certe aritmie erano più legate alla PEA.
Dal punto di vista degli esiti, il 48% dei pazienti con PEA raggiungeva il ritorno spontaneo della circolazione (ROSC), contro il 33% nel gruppo asistolico. La sopravvivenza a 30 giorni e a un anno era leggermente superiore nei pazienti con PEA. Tuttavia, quando si tenevano in considerazione le specificità dell’arresto cardiaco, le differenze nella sopravvivenza a lungo termine tra i due gruppi tendevano ad attenuarsi.
Questo studio pone in evidenza l’importanza di una valutazione approfondita del ritmo cardiaco iniziale in pazienti con arresto cardiaco intraospedaliero, sottolineando come le differenze nei risultati clinici possano essere spiegate dalle caratteristiche specifiche dell’arresto cardiaco più che dal ritmo stesso.
Conlcudiamo l’articolo riportando le differenze tra l’attività elettrica senza polso (PEA) e l’asistolia, che sono entrambe forme di arresto cardiaco, ma presentano diversità significative nella loro presentazione e gestione:
Fonti e approfondimenti:
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