Quanti defibrillatori acquistano le regioni del Bel Paese? Stando agli ultimi dati diffusi davvero pochi: pare infatti che degli 8 milioni stanziati nel 2011 dal Ministero della Salute destinati a tutte le regioni per supportare la diffusione dei defibrillatori automatici, ne sarebbero stati spesi solo uno e mezzo. Il resto? Bloccato chissà dove e chissà come.
E il tutto nonostante le 70 mila vittime che ogni anno risultano colpite da arresto cardiaco improvviso, in Italia; in barba a quanto ormai stabilito da precise normative – oltre che dalla realtà dei fatti – secondo le quali l’uso del defibrillatore aumenta le chance di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco. La defibrillazione precoce è infatti l’unica manovra salvavita in grado di riavviare il cuore attraverso l’erogazione di uno shock elettrico.
Come ad esempio non sarebbe stato fatto su Piermario Morosini , il calciatore del Livorno morto sul campo da gioco per arresto cardiaco quasi due anni fa: sotto accusa sono finiti i dai tre medici intervenuti che secondo i periti non avrebbero utilizzato il defibrillatore, disponibile ma lasciato nella sua teca.
Morosini è solo l’ultimo di una lunga sequela di casi, spesso passati in sordina: dall’ uomo stroncato sul Frecciarossa a fine 2012 al dodicenne morto un mese fa in una scuola di Torino. In entrambe le situazioni il DAE non c’era, quando con ogni probabilità avrebbe potuto cambiare il finale di queste vicende.
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