Domenica 1° dicembre 2024, durante Fiorentina-Inter, il calciatore Edoardo Bove è stato colpito da un arresto cardiaco, un evento che ha riportato al centro dell’attenzione l’importanza della tempestività nei soccorsi e dell’uso del defibrillatore.
Tuttavia, nelle ore successive, molti media hanno commesso un grave errore, definendo l’accaduto un “attacco cardiaco” anziché un arresto cardiaco.
Questa confusione è dannosa e rischia di perpetuare disinformazione.
L’attacco cardiaco è un infarto, che può portare ad arresto cardiaco, ma non sono sinonimi.
Quando si verifica un arresto cardiaco, è fondamentale utilizzare il termine corretto, concentrandosi su quanto davvero conta: l’intervento rapido e l’uso del defibrillatore.
L’intervento su un infarto, in genere richiede un intervento di angioplastica. Se l’infarto porta a un arresto cardiaco, è possibile utilizzare il defibrillatore, ma dato che si tratta di una ostruzione di una delle arterie coronariche, difficilmente il DAE può portare il suo prezioso contributo.
Vi invitiamo a leggere l’articolo dedicato per chiarire la differenza tra arresto cardiaco e infarto.
Cosa dovrebbero comunicare i cronisti delle partite e i media in situazione come queste?
La cosa migliore è stare sul generico, senza descrivere o ipotizzare l’evento con termini medici che identificano scenari ben precisi, dei quali non abbiamo informazioni (e competenze).
I termini corretti sono:
- Malore: un soggetto in difficoltà ha un malore
- Perdita di conoscenza: se il soggetto cade a terra e non reagisce a richiami verbali e fisici degli astanti, è versimile che sia privo di conoscenza
- Arresto cardiaco: se gli astanti avviano le manovre di rianimazione cardio-polmonare (massaggio cardiaco, respirazione artificiale) e/o intervengono con il defibrillatore, è verosimile che il soggetto sia in arresto cardiaco
Non parliamo quindi di attacco cardiaco o infarto, ne in questo momento possiamo ipotizzare (o tirare a indovinare), eventuali cause specifiche che abbiano portato all’arresto cardiaco.
L’arresto cardiaco: chi può colpire e perché ogni secondo conta
L’arresto cardiaco improvviso può colpire chiunque, senza preavviso, indipendentemente da età, genere o livello di forma fisica.
Ogni anno in Italia colpisce circa 1 persona su 1.000, con una media di 8 decessi ogni ora.
Purtroppo, non tutti gli episodi di arresto cardiaco hanno un lieto fine. La storia dello sport è segnata da tragedie che avrebbero potuto essere evitate con un intervento tempestivo. Tra i calciatori deceduti ricordiamo: Piermario Morosini, Davide Astori, Renato Curi, Giuliano Taccola, Marc-Vivien Foe, Miklos Feher, Andrea Cecotti, Antonio Puerta, Phil O’Donnell, Naoki Matsuda, Patrick Ekeng, Bernardo Ribeiro.
Questi nomi ricordano quanto sia fondamentale che tutti gli impianti sportivi siano dotati di defibrillatori e che il personale sia adeguatamente formato. L’unica possibilità di sopravvivere è un intervento immediato: senza una scarica del defibrillatore entro 4-5 minuti, le probabilità di sopravvivenza calano drasticamente.
Sono infatti stati salvati grazie all’impiego tempestivo del defibrillatore giocatori come Christian Eriksen, Lionello Manfredonia, Fabrice Muamba, Abdelhak Nouri, Evan Ndicka.
In questo articolo stiamo trattando in modo specifico il settore calcio, ma numerosi casi analoghi di salvati e non salvati si sono verificati in molti altri sport.
Il ruolo salvavita del defibrillatore
La vicenda di Edoardo Bove dimostra quanto sia cruciale la presenza di un defibrillatore e di personale formato.
Al momento dell’arresto cardiaco, è stato determinante l’intervento dei sanitari presenti allo stadio Artemio Franchi.
Il defibrillatore, dispositivo che eroga una scarica elettrica per ripristinare il ritmo cardiaco, è stato progettato per essere utilizzato anche da personale non sanitario.
Ogni secondo perso aumenta il rischio di danni cerebrali irreversibili e mortalità. In questo caso, l’efficienza della catena di soccorso ha permesso di salvare la vita al giovane calciatore.
L’importanza della formazione e della prevenzione
L’episodio di Bove deve essere un monito per istituzioni sportive, scuole e comunità.
Ogni luogo pubblico dovrebbe essere dotato di defibrillatori, e la formazione alle manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) dovrebbe essere estesa a un grande numero di soggetti anzichè a pochi responsabili addetti.
La cultura della cardioprotezione non salva solo gli atleti: salva tutti noi.
È necessario che l’attenzione si concentri sull’unico elemento che può fare la differenza: l’impiego tempestivo del defibrillatore.
Se vogliamo approfondire, anizchè provare a indovinare eventuali cause specifiche che possano avere portato ad un arresto cardiaco improvviso, possiamo mettere la nostra attenzione per comprendere la reale cardioprotezione dell’ambiente:
- il n° di DAE presenti sono adeguati agli spazi e alle persone presenti?
- Sono correttamente segnalati e ben visibili da qualsiasi spazio?
- I consumabili (batteria e elettrodi) non sono scaduti?
- Il DAE è ancora in garanzia e correttamente mantenuto?
- L’installazione è stata effettuata in modo tale che gli eventi atmosferici non possano compromettere il funzionamento?La storia di Edoardo Bove, fortunatamente a lieto fine, non deve essere solo un caso isolato, ma un esempio da seguire per evitare altre tragedie.